#7 | La comunicazione | Scritto insieme
Vi parlo di domenica davanti a un caffè. Benvenuti nell'era della comunicazione, ma quale comunicazione: "fuffa" o di sostanza? umana o artificiale?
📣 I mestieri della comunicazione generano o grande imbarazzo o grande ammirazione. Non c’è una via di mezzo per un mondo invece, quello della comunicazione appunto, che di vie, viuzze, stradine, sentieri ne è pieno. La sua bellezza sta proprio nella sua molteplicità. Ma perché, allora, se è “la skill delle skill” gode di così cattiva fama?
S. Tra il dire e fare c’è di mezzo il comunicare. Parole e altri linguaggi descrivono le cose, ci aiutano a capirle e allo stesso tempo le plasmano. Una forza triplice, quella della comunicazione, che alle volte può rivelarsi anche rovinosa. Papa Leone XIV stesso, appellandosi ai giornalisti, parla di comunicare attraverso parole “disarmate”. Ecco, forse sta tutto lì il nocciolo della questione: scegliere quelle giuste, di parole.
Proprio per la minuzia che richiedono, penso che i lavori della comunicazione siano i più affascinanti della vita. Eccetto, forse, per quegli addetti (tanto menzionati!) che, ogniqualvolta un politico la dice grossa, automaticamente ne hanno la colpa. Ad ogni modo, mi sento fortunata: non potevo avere interlocutrice più azzeccata sul tema. Da professionista della comunicazione quale sei, come si fa a fare della buona critica, o meglio, della critica che riscuota interesse, senza “azzardare” con le parole? È un mero fatto di stile? Qual è il tuo!
Ecco, però è fondamentale che dietro lo slogan si comunichi anche qualcos'altro, altrimenti è solo propaganda, e pure fuorviante. Perché lo slogan è di per se stesso, fuorviante, senza il suo bravo "spiegone".
A. Intanto mi piace dire, cara Sara, che Com-azzi ha per l’appunto la stessa radice di com-unicare, quel “cum” che la dice lunga. E dunque, se scherzando sostengo che talvolta il destino è nel nome, pure parlando seriamente credo che il “con" sia proprio il fulcro del problema. La comunità, la condivisione, la comprensione, la compassione. Ovviamente, quanto ne siamo lontani, nei toni scritti e orali. E certo che poi il Papa, che ha dimostrato finora grande pacatezza comunicativa, ha sottolineato la necessità di “disarmare” le parole.
Gli slogan sono efficaci, penso ai titoli dei giornali che mandano tuttora in fibrillazione le redazioni, penso ai grandi classici biblici ed evangelici, in cui proprio la Chiesa, con buona pace del Santo Padre, non è seconda a nessuno, penso a quanto tutta la storia, della politica e della letteratura, sia permeata di slogan. Ecco, però è fondamentale che dietro lo slogan si comunichi anche qualcos’altro, altrimenti è solo propaganda, e pure fuorviante. Perché lo slogan è di per se stesso, fuorviante, senza il suo bravo “spiegone”. E lì si parrebbe la nobilitate dei professionisti della comunicazione. Spiegare senza travisare. E qui, per usare un’espressione corriva ma efficace, cade l’asino. Non trovi, Sara?
S. Vediamo, porto un piccolo aneddoto per esemplificare la complessità del tema. Il mio primo impiego ufficiale, a tempo pieno, è stato proprio nel dipartimento di comunicazione di una società di consulenza milanese.
A chi mi porgeva la fatidica domanda “di cosa ti occupi?” rispondevo sinceramente “mi occupo di comunicazione”. Ecco: lì calava un silenzio imbarazzante a cui seguiva un mio contro-silenzio ancora più imbarazzante per non sprofondare nella confusione più totale ad un mio eventuale tentativo di specificare.
Nella mia esperienza, la comunicazione è stata il “parolone” per eccellenza che comporta una certa percezione di astrattezza, che incomoda chi lo pronuncia e chi lo sente dagli altri. Poi, ci si improvvisa facilmente professionisti della comunicazione. Basta padroneggiare la tecnica, quindi gli strumenti che in un mondo liderato dalla creazione dei “contenuti” sono fondamentali. In alcuni casi, si ha perfino la percezione che la forma stia avendo la meglio sulla sostanza. Vedi l’immediatezza di alcune immagini: altro che reportage, a volte sono quelle utilizzate (appositamente) a generare travisamento. Così come i titoli strillanti. Con l’intelligenza artificiale, strumento potentissimo a servizio di chi si occupa di comunicazione, le “camurrie” si moltiplicano come direbbe Camilleri!
Inoltre resta, per quanto riguarda la comunicazione scritta, il fascino della carta. Come se le cose stampate fossero più vere. Ovviamente non è vero che sono vere.
A. Accidenti, hai ragione! Per non parlare del povero corso di laurea in Scienza della Comunicazione. Magari incorona dei geni, e può essere fatto benissimo, ma si porta dietro quell'aria da “ciapa puer”, letteralmente prendi-polvere, cosa inutile, tanto per dirlo con quel dialetto, in questo caso il piemontese, di cui tu hai assai brillantemente parlato domenica scorsa. E quando qualcuno studia Scienza della comunicazione, si vedono sempre quei mezzi sguardi, di vago compatimento, come dire, poveretto, certo non avevi la testa per studiare fisica, ma manco giurisprudenza... Davvero, al di là delle facezie, la comunicazione è serissima.
A noi boomer, diciamo la verità, è un po' sfuggita di mano. Usiamo i social a caso, li capiamo, forse li amiamo, comprendiamo razionalmente il loro ruolo, ma un po’ li subiamo. Inoltre resta, per quanto riguarda la comunicazione scritta, il fascino della carta. Come se le cose stampate fossero più vere. Ovviamente non è vero che sono vere. E poi, che cos'è la verità? Ogni giornalista, pur volendo restare obiettivo, in piena buona fede (figuriamoci quando c'è la cattiva...) porta in quello che scrive, o dice in tv, alla radio, nei podcast, dovunque in rete, porta se stesso, con il suo vissuto, le sue convinzioni. Che sarebbero da accantonare se c'è da informare, ovviamente no se viene richiesta un’opinione.
Insomma, tanto per andare giù di slogan, nell'era della comunicazione non si comunica più. Anche questo non è vero, ovviamente, ma è vero che nella molteplicità degli stimoli si rischia di perdere l'essenza. Troppo di tutto. Altro slogan, povera me. Sara, non volermene!
S. Ahaha. Eppure, devo dirti, che il versante web sta cercando di dirci tutt'altro! In questa smisurata apocalisse dell’uomo come fonte inesauribile di linguaggi a favore delle “macchine”, la comunicazione, quella "di sostanza", quella in cui si esercita la finezza del pensiero, sembra più utile che mai. Direi, essenziale.
è stata cavalcata a lungo l’onda del clickbait, vero. Ci sono ancora numerosissimi casi di strategie interamente disegnate su una comunicazione “fuffa”. Ma pensaci: adesso bot o spider dei motori di ricerca setacciano il web con un sistema di filtri altamente raffinato dove ciò che non è “originale” e quindi prodotto con una certa sofisticatezza viene penalizzato. Spostata così la prospettiva, è molto più evidente come sia la pubblicità a pagamento, sul web come sui social, la vera determinante della presenza nel web! E anche dietro alla web advertising c'è gente, come noi, che targhettizza il pubblico e calibra il linguaggio con minuzia artigianale.
Non l’apocalisse dell'umanesimo ma un nuovo umanesimo in cui, certamente, l'intelligenza artificiale è attore.
E poi, se la comunicazione non fosse una skill da giocarsi ancora, come una consulente junior fino ad un anno e mezzo fa sarebbe finita a vendere profumi? Porto la mia storia scapestrata ancora una volta contro ogni voto a sfavore, ahaha.
A. E allora, viva le storie scapestrate. Comunicavamo una volta, continueremo a farlo, nella buona e nella cattiva sorte. E come sempre, sarà l’individualità delle persone a fare la differenza. Sia oralmente, sia con le pitture rupestri, il calamo, gli incunaboli, le pergamene, Gutenberg, le macchine per scrivere, le rotative, le telecamere, internet, l'algoritmo e chissà che cosa verrà dopo. Andrà come deve andare. Intanto, buona lettura a tutti, e viva Sara, il nostro futuro!